Una newsletter scritta a quattro mani a proposito di street food, templi scintillanti, grovigli di cavi elettrici e altri “feticci” adorabili del continente gentile.
Ultimamente io ho ripensato spesso all’Asia: in questo periodo di solito comincio a guardare i voli per il prossimo anno. È un intrattenimento al quale cedo spesso, come gli spaghetti all’orientale, che tento periodicamente di emulare nella mia cucina. Li preparo con un intruglio di spezie e verdure, una frittatina d’uovo o il tofu e li mangio rigorosamente con le bacchette. Penso ogni volta ai noodle asiatici e al pad thai, il piatto tradizionale più conosciuto della cucina thailandese. I miei spaghetti non possono certo competere con i sapori originali: un mix agrodolce e piccante, esaltato dalla cipolla fritta, quasi onnipresente nelle pietanze thai e nella cucina vietnamita. Ma chissà, forse il vero segreto dello street food sono le padelle lavate in un catino con un po’ d’acqua accanto al fornello.
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Ho ripensato ai piatti roventi mangiati sudando su sgabelli minuscoli sul marciapiede, incorniciati da grovigli di cavi elettrici. Ai ristoranti poco turistici, dove servono poche pietanze e tutte buonissime, al costo di due caffè al bar in Italia. Così per la newsletter di novembre ho pensato di trascinarvi insieme a me in un mini-viaggio fra le mie ossessioni e le bizzarrie del continente con gli occhi a mandorla. E visto l’argomento ho chiesto alla collega blogger Claudia Moreschi di Travel Stories di raccontarvi anche qualcuno dei suoi aneddoti di viaggio, visto che quanto a bizzarrie asiatiche pure lei ne sa parecchio. Anzi, molto più di me. Chissà che magari non vi venga voglia di partire (o ripartire) verso est, per ritrovarvi completamente al di fuori della comfort-zone.
Bizzarrie, contraddizioni, ritagli di Asia. Bambini che corrono scalzi e fradici in mezzo alla strada dopo un tuffo nel fiume non troppo pulito di un paese di quattro anime nel nord della Thailandia. Folate profumate di fiori in mezzo al traffico puzzolente di Bangkok o Kathmandu in Nepal. Una poesia in mezzo allo smog.
Non capisco bene come vietnamiti, nepalesi e thailandesi possano essere così devoti verso il prossimo o il concetto di reincarnazione, e al tempo stesso divorare quintali di carne a ogni pasto. Eppure. Mi sorprende vedere hotel di lusso a pochi metri da baracche cascanti, ad Hanoi o a Bangkok. Ricconi che smontano da Maserati lucidate di fresco, venditori di biglietti della lotteria poco più in là, seduti per ore su una sedia in plastica sbiadita sul bordo di una strada in cui traffico concede poche pause.
Per me è uno shock e una dipendenza.
Credo che anche Claudia, come me, sia molto affascinata da questi Paesi e al tempo stesso dalle loro contraddizioni.
Quando racconto dei miei viaggi in Asia a chi non ci è mai stato, lo stupore è sempre alle stelle. È un classico. Ma del resto una cultura così diversa – a tratti direi opposta – rispetto alla nostra, non può che suscitare sorpresa e incredulità (che è anche uno dei motivi per cui l’Asia è così affascinante per molti, me compresa).
Ci sono in particolare alcuni aspetti che più di altri attirano sorrisini e domande perplesse, come ad esempio:
“Ma davvero nei templi si entra a piedi nudi?”. Sì, è una regola che vale per i luoghi sacri ma viene adottata anche a casa, per lasciare fuori sporco ed energie impure;
“Ma davvero si mangiano i topi?”: in alcuni posti succede ancora ahimè (l’ho visto con i miei occhi in Laos e Cambogia), ma è dovuto ai trascorsi di assoluta povertà di queste popolazioni;
“Ma non è pericoloso girare da soli?”: se c’è un posto che più di tutti al mondo offre serenità e spensieratezza, e dove la tolleranza è di casa, quel posto è proprio l’Asia.
Potrei proseguire con questa lista all’infinito! Se siete curiosi di saperne di più o non avete ancora avuto la fortuna di mettere piede in questo meraviglioso continente, vi consiglio di lasciarvi ispirare andando anche oltre i luoghi più noti e frequentati: la Thailandia non è solo Bangkok, Koh Samui e Chiang Mai! Se volete uno spunto in questo articolo ho parlato di alcuni luoghi davvero bizzarri.
Leggendo questi racconti mi torna in mente il mercato degli amuleti di Bangkok, dove sono andata a fare un giro una mattina, da sola: Luca era in albergo steso dalla febbre alta. Qualche amica quando l’ho raccontato mi ha chiesto se non ho avuto paura. No, nessuno mi ha importunata, né si è avvicinato per rompere le scatole. Anzi, camminando per le strade sono tanti i thailandesi che salutano con il gesto del wai (mani giunte e un leggero inchino) quando incontrano una persona straniera.
In un altro mercato di quartiere, per nulla turistico, questa signora ci ha regalato due coroncine di fiori solo perché mi ero fermata ad annusarle. Non ha voluto nulla in cambio, nonostante la mia insistenza per pagarle.
Chiaro comunque che non è tutto inchini e gentilezza, ci sono pure le ombre. La sensibilità ecologica è ai minimi termini, le discariche improvvisate si trovano ovunque, nelle megalopoli come in periferia. Quando si scende dal battello che porta al Wat Arun, il tempio più instagrammato di Bangkok, non si possono ignorare i chili di immondizie riuniti accanto al molo sul Chao Phraya. Ma nessuno si scompone, fotocamera verso il tempio e via. A Dhampus, un villaggio di montagna in Nepal, cumuli di bottiglie in plastica ornavano il retro della casa vicino all’albergo in cui abbiamo alloggiato. Nei dintorni, una natura superba, incorniciata dall’Annapurna. Bidoni delle immondizie: nemmeno uno.
Non mi piace questo aspetto ovviamente, così come mi lascia dubbiosa la rincorsa verso i modelli economici e commerciali dell’Occidente, dove si barattano senza andare tanto per il sottile tradizioni culturali e storia per produrre giungle cittadine di vetro e cemento. E ciononostante, per esempio, in alcune zone rurali del Nepal persiste la tradizione di far sposare i bambini, quasi la modernità fosse una minaccia da cui tenersi ben lontani.
Talvolta percepisco stupore o disagio negli occhi delle persone quando racconto queste cose, però mi pare onesto non parlare solo di templi dorati o tramonti da cartolina.
In definitiva, si può rientrare a casa perplessi o già in crisi d’astinenza, ma in entrambi i casi secondo me è difficile tornare uguali a prima da un viaggio in Asia.
Se ne volete ancora, ancora qualche lettura per proseguire:
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